Bramafam: il giardino di Paolo Pejrone
INSPIRING GARDENS: Landscape Architect Paolo Pejrone's home garden

Oggi vi porto con me nel giardino del Bramafam, l'eden personale dell'architetto Paolo Pejrone. L'architetto e il suo giardino non hanno certo bisogno di presentazioni, tuttavia ritengo che la fioritura delle magnolie, forse poco documentata, esprima compiutamente l'emozione del luogo e i sentimenti del suo creatore e sono pertanto felice di condividere con voi questa ideale passeggiata primaverile1.

Adagiato alle pendici del Montebracco, celebre per le sue cave di quarzite bargiolina - pietra menzionata addirittura da Leonardo da Vinci - il giardino di Bramafam domina dall’alto il borgo di Revello (in provincia di Cuneo). Il suo nome riecheggia quello del fortino esagonale cinquecentesco che sorge all’interno della proprietà, la quale si estende per quasi cinque ettari tra due versanti collinari e una piccola valle. Ancora oggi, in alcuni tratti, le antiche mura medievali e rinascimentali ne delimitano il perimetro, culminando nei suggestivi ruderi del castello del X secolo, che veglia silenzioso sulla sommità della collina, oltre i confini della tenuta.
Fu nel 1992 che Paolo Pejrone ereditò queste terre appartenute alla sua famiglia e un tempo coltivate a vigneto e castagni. Da allora, Bramafam si è trasformato in un laboratorio vivente di sperimentazione giardiniera, plasmato nel tempo da un incessante gioco di aggiunte e metamorfosi, fino ad assumere l’aspetto che oggi lo caratterizza.

Il paesaggio naturale è segnato da una complessa morfologia (rocce affioranti, pendii assolati, zone umide ed ombrose) e da un forte dislivello altimetrico: dalle quote più basse, a 370 metri sul livello del mare, si sale fino ai 431 metri in prossimità della casa, per poi raggiungere i 458 metri del punto più alto. Pertanto la trama indistinta di verdi che si legge dalla pianura, diventa ben presto, per il visitatore che percorra l'appezzamento, una suggestiva sequenza di stanze e di micro-paesaggi dove la componente botanica e l'impostazione stilistica mutano al mutare dell'orografia e dell'esposizione: pendii soleggiati e caldi, oasi fresche pianeggianti, sentieri aperti e panoramici, luoghi più chiusi e segreti generano un fantastico avvicendamento di comunità vegetali e di sperimentazioni orticole.

Nella valle umida e ombrosa, attraversata dal corso serpeggiante di un ruscello, prosperano camelie, magnolie, aceri e ortensie; sulle pendici assolate, invece, si affermano ulivi, lecci, viburni, filliree, corbezzoli ed altre specie tipiche della macchia mediterranea.
Schematicamente possiamo suddividere la proprietà in tre grandi aree: il bosco, dominato da querce e robinie; l’uliveto, che si estende per circa un ettaro; e il giardino vero e proprio, un caleidoscopio botanico che accoglie specie provenienti dai cinque continenti, con una collezione di magnolie particolarmente ricca e affascinante.

Il giardino, a sua volta, si svela attraverso stanze tematiche, ognuna con la propria anima e il proprio carattere. All’ingresso, l'aia della casa colonica si trasforma un’armoniosa composizione di aiuole di bosso con meli cotogni, Rosa chinensis sanguinea e osmanti. Sul retro dell’abitazione, invece, maestosi tassi sapientemente topiati introducono alla terrazza panoramica, che si affaccia sulla pianura e sull’orto formale.

Qui, sotto l’ombra protettiva di una quercia secolare che troneggia sulla proprietà, si apre quello che Paolo Pejrone stesso definisce il "cuore del giardino": l’orto. Disegnato da raffinate geometrie di bosso e impreziosito dal mormorio delle fontane, l’orto è un microcosmo vibrante, dove fioriture generose si alternano all’abbondanza dei raccolti.

Oltre la grande quercia, il giardino abbandona le simmetrie più rigorose per abbracciare la spontaneità del paesaggio. Un sentiero si inerpica verso i terrazzamenti assolati dell’uliveto, mentre un altro scende verso la "valle delle gunnere", fino a condurre il visitatore in un’inaspettata oasi di bambù, dove la natura, libera e lussureggiante, sembra sospesa in un’atmosfera fuori dal tempo.

Da un punto di vista dell'Arte dei giardini, questo sorprendente mosaico botanico è difficilmente riconducibile entro uno schema prestabilito, o entro i limiti di uno stile storicamente consolidato: infatti nessuna delle abituali categorie stilistiche (giardino formale, paesaggistico, impressionista, contemporaneo, delle collezioni botaniche, ecc.) potrà essere utilizzata tout- court per definirlo.
A ben guardare le codificazioni note e consolidate sono tutte negate dal giardino di Bramafam, e, nello stesso tempo, sono tutte contenute in esso, in una sintesi gioiosa e disperata, insperata: gioiosa perché esprime l’esuberante, incessante ricerca del suo creatore; disperata (insperata) perché mostra indomiti adattamenti al sito e alla orografia spesso ingrata del luogo.
Possiamo dire, così, che Bramafam è un insieme di tipologie compositive e paesaggistiche (giustificate dalle forme varie e tormentate del luogo e dalle caratteristiche microclimatiche e pedologiche) riconducibili ad una summa dell’arte del paesaggio, o ad un’ampia ed imperante memoria “giardiniera”.
Sicché il paesaggista-gardener non rinuncia a nulla: non alle geometrie formali e ai giochi d’acqua; non alle ampie pennellate informali; non agli esperimenti arditi e alle collezioni botaniche; non ai capricci architettonici di foglie enormi e alla naturalezza di piccole, modeste, infiorescenze; non alle scelte di coltivazione eco-compatibili e, insieme, alle colture razionalmente intensive; non al selvatico scapigliato; non al domestico irreggimentato.

Tuttavia queste osservazioni su Bramafan , se ci dicono qualcosa del suo aspetto esteriore, non possono ancora rivelarne l’intima essenza, dirci dei moti dell’anima, desideri passioni fantasmi, a tale giardino sottesi. Per fare ciò, per capire quale significato profondo sia custodito in siffatto estenuante esercizio di creazione giardiniera, forse dovremmo ricorrere alle parole del vecchio Maestro Russell Page:
“Un giardino in realtà vive soltanto quando rappresenta l’espressione di una fede, l’incarnazione di una speranza e un inno di gioia”.
Ecco, credo che la frase di Page riveli perfettamente l’intima natura di Bramafam e sia in grado di ricomporne il mosaico botanico e paesaggistico in un quadro più eticamente, esteticamente significante.

L’espressione di una fede, un inno di gioia: certamente Bramafam è tutto questo.
E’ la materializzazione di una passione profonda ed esclusiva, l’incarnazione (mai completamente compiuta) di un interesse prepotente divenuto il lavoro di una vita.
E’ un misto di razionalità ed irrazionalità, di ricerca del bello e di sperimentazione empirica, di placida soddisfazione e di irrequieta insoddisfazione, di ricordi e di speranza. E’ cioè, in ultima analisi, un giardino nel senso più completo ed ampio del termine (al di là della sua forma e dei suoi esiti estetici): un luogo chiuso dove lo spirito piega la tecnica e la conoscenza non verso l’utilità o la funzionalità, ma verso la contemplazione.
Summary
The Bramafam garden, created by Paolo Pejrone on the family land he inherited in 1992, is a living laboratory of gardening experimentation. Located on the slopes of Montebracco, it overlooks Revello and spans nearly five hectares, encompassing hillsides and a valley crossed by a meandering stream. The landscape is diverse, alternating between sun-drenched slopes, cool and humid areas, panoramic paths, and more secluded corners, creating a sequence of distinct botanical environments.
The property is divided into three main areas: the woodland, the olive grove, and the garden, a botanical mosaic hosting plants from all over the world, with an extraordinary collection of magnolias. Its thematic rooms range from the farmhouse courtyard, with its geometric flower beds, to the formal vegetable garden—the heart of the estate—and extend to the more spontaneous and wild areas, such as the valley of gunneras and the bamboo oasis.
Bramafam defies any conventional stylistic categorization: it is a synthesis of formal and naturalistic elements, of structure and spontaneity, of botanical experimentation and adaptation to the site. It embodies a profound vision of the garden as an expression of faith, hope, and joy, echoing the words of Russell Page. It is a continuously evolving masterpiece, a reflection of its creator’s passion and relentless pursuit of beauty.
Conosco bene questo giardino per aver fatto qui, a lungo, la guida botanica, e per aver redatto, a suo tempo, un completo e dettagliato rilievo botanico.